Il Carbossimaltosio ferrico ( Ferinject ) ha indotto un tasso più elevato di ipofosfatemia rispetto al Derisomaltosio ferrico ( Monoferric ) tra i pazienti con anemia da carenza di ferro associata a malattia infiammatoria intestinale ( IBD ).
L'anemia è la manifestazione extraintestinale più comune di malattia infiammatoria intestinale e la carenza di ferro e l'infiammazione ne sono le cause principali.
L'European Crohn’s and Colitis Organization ( ECCO ) raccomanda il Ferro per via endovenosa ad alte dosi come trattamento di prima linea per l'anemia da carenza di ferro nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale.
Sulla base della loro comprovata efficacia nel trattamento dell'anemia da carenza di Ferro, il Derisomaltosio ferrico e il Carbossimaltosio ferrico sono tra le formulazioni di Ferro per via endovenosa più utilizzate in Europa.
E' stato tuttavia notato che l'ipofosfatemia è sempre più riconosciuta come un importante effetto avverso di alcune formulazioni di Ferro per via endovenosa.
E' stato condotto uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco presso 20 cliniche ospedaliere ambulatoriali in tutta Europa per confrontare i risultati in 97 pazienti con malattia infiammatoria intestinale e anemia da carenza di Ferro che hanno ricevuto 1.000 mg di Derisomaltosio ferrico ( n = 49 ) o Carbossimaltosio ferrico ( n = 48 ) al basale e al giorno 35.
L'endpoint primario era l'incidenza di ipofosfatemia, definita come fosfato sierico inferiore a 2 mg/dL, in qualsiasi momento dal giorno 0 al giorno 35.
Secondo l'analisi, l'ipofosfatemia è stata riportata nell'8.3% dei pazienti nel gruppo Derisomaltosio ferrico e nel 51% dei pazienti nel gruppo Carbossimaltosio ferrico ( differenza di rischio aggiustata = -42.8%; IC 95%, da -57.1 a -24.6 ).
Il giorno 35, i ricercatori hanno somministrato una seconda infusione per correggere il deficit totale di ferro dei pazienti.
Nel gruppo Derisomaltosio ferrico, il 18.8% dei pazienti ha ricevuto una dose di 1.000 mg, il 66.7% ha ricevuto una dose di 500 mg e il 14.6% non ha ricevuto una seconda dose.
Nel gruppo Carbossimaltosio ferrico, il 22.4% dei pazienti ha ricevuto una dose di 1.000 mg, il 69.4% ha ricevuto una dose di 500 mg e l'8.2% non ha ricevuto una seconda dose.
Dal basale al giorno 70, l'ipofosfatemia incidente si è verificata rispettivamente nel 12.5% e nel 59.2% dei pazienti nei gruppi Derisomaltosio ferrico e Carbossimaltosio ferrico ( differenza di rischio aggiustata = -46.6%; IC 95%, da -60.9 a -28.1 ). I ricercatori hanno riportato un'incidenza maggiore tra i pazienti trattati con Carbossimaltosio ferrico a tutte le visite post-basale rispetto ai pazienti trattati con Derisomaltosio ferrico, raggiungendo un picco di incidenza del 45.8% 2 settimane dopo la prima dose di Carbossimaltosio ferrico.
Sebbene i pazienti di entrambi i gruppi abbiano riportato miglioramenti della fatica, gli effetti sono stati maggiori e più rapidi in quelli trattati con Derisomaltosio ferrico.
Inoltre, un miglioramento più lento della fatica è stato associato a una maggiore riduzione della concentrazione di fosfati.
Lo studio PHOSPHARE-IBD ha confermato che l'ipofosfatemia non è un effetto della classe o della dose del Ferro per via endovenosa, ma un effetto avverso particolarmente comune del Carbossimaltosio ferrico che è determinato da marcati aumenti di FGF23.
Nonostante schemi di dosaggio equivalenti, gli effetti di Derisomaltosio ferrico su FGF23 e, quindi, sul fosfato sierico sono molto più piccoli.
Questo studio ha mostrato che l'ipofosfatemia è una complicanza comune dell'uso di Carbossimaltosio ferrico nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale. ( Xagena2022 )
Fonte: Gut, 2022
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